La Pallacanestro Trieste americana è bocciata dalla piazza, tutte le disgrazie iniziarono in marzo contro Reggio Emilia
Tranne, forse, qualche inguaribile ottimista la piazza ha bocciato il progetto americano. Il malumore che serpeggiava in molti da inizio stagione, negli altri con il passare delle settimane, è esploso dopo il disastro di Cividale soprattutto sul web con i tifosi inferociti a lasciarsi andare a forti proteste. “Il prossimo anno avremo una squadra di A2 che gioca in serie B”. Questo uno dei commenti, naturalmente ironico, dopo la sparata estiva societaria che era stata allestita una squadra di serie A1 che gioca in A2. La maggior parte dei commenti, naturalmente negativi, chiede a gran voce l’esonero di coach Christian, alcuni pensavano che sarebbero invece arrivate le sue dimissioni.
Tutte le disgrazie partono da quel lontano 18 marzo 2023, gara casalinga contro Reggio Emilia, battuta all’andata di cinque punti.
A 2’ dalla fine in vantaggio di un punto, Trieste perderà di cinque. In parità dunque la differenza canestri negli scontri diretti ma alla fine del torneo peserà una voce nel computo totale che per una virgola salverà gli emiliani a scapito degli alabardati. Dopo quella sfida ne rimasero dieci da giocare, arrivarono due vittorie e otto sconfitte. Ecco, riuscendo a salvarsi probabilmente il futuro sarebbe stato diverso. Partendo dalla serie A1 con un’idea di gioco americana, potendo disporre di sei giocatori a stelle e strisce, aggiungendo magari un paio di buoni italiani, si poteva anche puntare in alto. La retrocessione ha invece scombinato i piani della società con Michael Arcieri, il miglior general manager della scorsa stagione, che invece di impostare il gioco all’europea, tenendo conto dei soli due stranieri a disposizione, ha invece proseguito nel suo (e della società) progetto.
In estate prima si è fatta la squadra e poi è arrivato Jamion Christian. I primi cinque giocatori messi sotto contratto, erano stati (tra parentesi la media punti nel campionato precedente): Ferrero, Candussi (2,1 a Verona in otto sfide e 14,8 nelle 17 gare con la Fortitudo Bologna per un totale dunque di 11 a contesa), Bossi (3,4), Deangeli (2,5) e Vildera (3,8), in un ipotetico gioco guardando alla stagione precedente, avrebbero garantito una media di circa 24 punti a partita. Poi sono arrivate le firme di Filloy, Ruzzier, Campogrande (3,4 punti di media), Brooks e Reyes.
Quelli retrocessi sarebbero stati vogliosi di una rivincita, gli esperti avrebbero dovuto dare certezze, gli stranieri fare la differenza. Già dalle prime uscite però la squadra non convinceva. Serve tempo, si diceva. Di tempo ora ne è passato tanto e le cose non vanno per niente bene.
Queste le parole di Arcieri dopo la firma del coach in luglio: “Jamion porta a Trieste sedici anni di esperienza come coach, di cui dieci come head coach e sei come vice, protagonista in competizioni ai massimi livelli, con una profonda passione e una comprovata capacità di insegnare il gioco e di sviluppare e ispirare i suoi giocatori e il suo staff. La sua integrità, la sua personalità coinvolgente, la sua capacità di comunicare, la sua fame di imparare e migliorare ogni giorno e la sua sete di vittoria lo rendono la persona ideale per portare la Pallacanestro Trieste verso un brillante futuro”.
A distanza di qualche mese con il frequente ritornello del work in progress, dell’amore profondo di Christian verso i suoi giocatori, dell’aggressività mancata durante le sfide, del rimettiamoci subito al lavoro, eccetera eccetera, la piazza (tifosi, stampa e addetti ai lavori) ha dimostrato di non gradire il gioco, anzi il non gioco, le scelte incomprensibili dello staff tecnico, del continuo ricorso ai tiri da oltre l’arco, della confusione che regna, dei dieci titolari dieci.
La domanda a questo punto nasce spontanea: il coach non riesce a farsi capire dai giocatori oppure i giocatori sono di basso livello? Quindi sarebbe da cambiare il coach o i giocatori, entrambe le componenti oppure nessuno e continuare così? Certo è che per puntare in alto, magari alle coppe europee come da ambizione dichiarata dalla società, qualcosa bisogna fare e meglio se il prima possibile.