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Pubblica amministrazione sempre più anoressica, Emme Zeta: "In caso di emergenza chi verrà dirottato in Slovenia?"

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno

Il problema dura oramai da anni ma di recente ha raggiunto dimensioni tali che a breve potrebbero esserci pesanti conseguenze sull’intera cittadinanza. Di che cosa stiamo parlando? Il riferimento puntuale è al “dimagrimento” degli organici della pubblica amministrazione, oramai arrivati all’anoressia, che, dopo anni di “vacche grasse”, ha finito, letteralmente, per travolgere settori delicatissimi per la sicurezza e la salute dei cittadini a causa del taglio di personale in settori come quello dei vigili del fuoco e del pronto intervento sanitario costretti, loro malgrado, ad alzare pubblicamente la voce prima che si corra il serio rischio di causare qualche danno irreparabile. 

Scendiamo nel concreto per non restare nel vago e partiamo dai Vigili del fuoco. In un recente comunicato sindacale è stato sollevato l’allarme sui nuclei sommozzatori e nautico di Trieste. Secondo i dati forniti, il buco di personale ha oramai raggiunto il 50 % dell’organico previsto con evidenti conseguenze sull’operatività quotidiana. In caso di emergenze, a supporto dei ridotti quadri giuliani, si chiede sostegno (due giorni su quattro) ai colleghi di Venezia, a loro volta alle prese con pesanti problemi di organico con correlate conseguenze in termini di maggiore stress da lavoro, minore sicurezza e un potenziale aumento degli infortuni. In una parola, a causa del depauperamento del personale, il servizio offerto è certamente meno efficace ed efficiente con il rischio, al momento solo paventato, che il depotenziamento attuale si traduca in una completa cancellazione dell’intero reparto. E se questa fosse, davvero, la fine di questa triste storia, al di là di tutte le belle parole sulla sicurezza in mare e sulla tutela ambientale di un patrimonio ambientale unico costituito dal Mare Adriatico settentrionale, l’immediata conseguenza sarebbe quella di una ulteriore riduzione dei presidi di sicurezza sull’intera costa regionale. Stiamo parlando, per essere chiari, di una linea di costa lunga 93 chilometri (di cui 52 di Costa Bassa e 27 di Costa Alta), oltre ai 14 di coste artificiali, occupate in prevalenza da aree portuali o comunque attrezzate.

Come ampiamente dimostrato dalle recenti mareggiate novembrine, si tratta per lo più di una costa fragile, trascurata e che necessita di una cura e di una attenzione costanti, attività “core” proprio del nucleo sommozzatori e  nautico dei Vigili del fuoco di Trieste.  

Da ultimo, è evidente che il protrarsi di una simile situazione di disagio renderà inattuabile progettualità rilevanti come il “North Adriatic Incident Response Group”, iniziativa co-finanziata dalla Commissione europea, che ha la lodevole finalità di concretizzare un meccanismo di risposta congiunto tra FVG, Slovenia e Croazia in caso di incendio in mare, mediante la formazione di una squadra transfrontaliera di Vigili del fuoco. L’appello sindacale, lanciato oramai una decina di giorni fa’, non ci risulta abbia sinora ricevuto sia a livello locale che nazionale (non dimentichiamo che il Corpo dei Vigili del fuoco dipende direttamente dal Ministero dell’Interno), quella attenzione e quelle risposte che sicuramente merita. Restiamo in fiduciosa attesa, come  restano in “sfiduciata” attesa le organizzazioni sindacali del comparto sanità che, con una cadenza quasi mensile, lanciano accorati appelli ai diversi livelli istituzionali (dal Comune alla Regione), denunciando la drammatica carenza di personale, soprattutto infermieristico e personale di supporto, che caratterizza oramai da anni l’Azienda sanitaria universitaria giuliana.     

Seguendo i gridi di allarme dei sindacati che hanno chiesto, vanamente, che sul tema si esprima il totalmente silente primo cittadino (evidentemente, in tutt’altre faccende affaccendato), l’ultimo S.O.S. lanciato, con un presidio davanti all’ospedale di Cattinara, riguarda la prossima scadenza a fine dicembre e senza nessuna certezza di rinnovo, di un centinaio di contratti a tempo determinato tra operatori socio assistenziali ed altre figure sanitarie.

Che succederà a gennaio 2024? Se lo chiedono, correttamente, i sindacati e ce lo chiediamo anche noi. Se è ben vero che gli stanziamenti a bilancio regionale per la sanità hanno raggiunto  il massimo storico, appare evidente che c’è qualcosa che non torna perché ci sono settori, come quello della medicina d’urgenza, che continuano ad essere pesantemente sguarniti, nonostante tutti gli sforzi messi in campo dall’assessorato competente per tappare i buchi (dall’ulteriore apertura agli specializzandi al “richiamo” in servizio di coloro che se ne sono allontanati).

Sul punto, nel rimarcare che l’assessore regionale Riccardi ha recentemente dichiarato massima apertura ad accogliere “qualsiasi proposta sostenibile”, va ribadito che, a nostro modesto avviso, vanno messe in campo una serie di misure non solo economiche che rendano appetibile ed attrattivo il servizio nel sistema sanitario regionale che, è inutile nasconderlo, sconta diversi e distorsivi fenomeni come la fuga verso altre regioni e verso il privato accreditato, che  mortificano spirito e motivazioni di quanto decidono di restare. 

Per concludere, la situazione si fa ogni giorno più seria e rischia, oltre a mettere a repentaglio la salute dei cittadini, anche di vanificare sacrosante iniziative di cooperazione transfrontaliera co e il progetto Aid-Mire, presentato di recente e sviluppato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Interreg VI-A Italia-Slovenia. Scopo dell’iniziativa, di cui è lead partner proprio Asugi (in una cordata autorevole in cui figurano l’Azienda Ulss 3 di Venezia, l’Ospedale generale di Isola, la Casa della sanità di Sesana e la Casa della sanità di Isola), è quello di sviluppare una governance congiunta delle emergenze che punti al miglioramento degli interventi sanitari e della logistica da parte dei sistemi sanitari pubblici dei due Stati confinanti.

Nel concreto, l’iniziativa (che si sviluppa in continuità con il precedente progetto Next Aid) si propone di sfruttare al meglio la rete radio (già creata) per far fronte alle maxi emergenze quando le linee telefoniche sono fuori uso, di aggiornare i protocolli di emergenza in uso (ampliandoli ad ulteriori strutture territoriali slovene), di migliorare le strutture e gli equipaggiamenti già in essere per le emergenze transfrontaliere, di prevedere specifici corsi di formazione professionale aperti al personale medico ed infermieristico ed, infine, di organizzare, con cadenza almeno semestrale, simulazioni di eventi catastrofici con un numero elevato di persone coinvolte per testare le competenze acquisite. Dunque, una progettualità perfettamente in linea con la volontà, oramai largamente diffusa anche tra gli operatori sanitari, di “creare un’unione condivisa tra Italia e Slovenia in un ennesimo abbattimento dei confini.

La base di tutto è l’educazione dove vigono gli stessi principi, oramai sempre più condivisi”, secondo le parole di Sandro Centonze, direttore della Struttura complessa di Ricerca e innovazione clinico assistenziale dell’Asugi. Tutto bello e tutto giusto! Però, se manca il personale per fronteggiare le emergenze ordinarie dei Pronti soccorso cittadini (nonostante tutti i lodevoli sforzi  e lo spirito di sacrificio del personale in servizio), chi verrà “dirottato” a seguire le emergenze transfrontaliere? Al momento, tranne un ulteriore sovraccarico di lavoro a chi già oggi opera in condizioni difficili, altre soluzioni non ne vediamo. Lieti, come già fatto in altri casi, di essere smentiti.

EMME ZETA

Parole chiave: Trieste