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Festa del Lavoro: ma per chi e per cosa festeggiare tra datori di lavoro "furbetti" e giovani "sfaticati"?

 |  Emme Zeta  |  Commento del giorno

Forse non saremo particolarmente originali però proprio la ricorrenza del Primo maggio ci offre l’occasione per una riflessione un po’ più meditata su quello che sta accadendo nel mondo del lavoro, con un particolare occhio di riguardo alla realtà giuliana.

La carrellata sarà, per forza di cose, sintetica ma speriamo proprio di non tralasciare nessuno degli argomenti all’attenzione delle più recenti cronache cittadine.  Partiamo dal macro, ovvero dalla crisi della Wartsila scoppiata la scorsa estate e sul cui positivo esito, posto che la produzione degli ultimi motori è oramai agli sgoccioli, non è consentito, a oggi, farsi alcuna illusione. Di potenziali candidati interessati a subentrare nel sito produttivo è da mesi che se ne sente parlare ma di certezze, sia sotto il profilo industriale che, soprattutto, sotto quello occupazionale, ancora nulla:  tutto rinviato al prossimo tavolo ministeriale che dovrebbe tenersi a Roma il 9 maggio.  Bene, quindi, hanno fatto le organizzazioni sindacali a mantenere accesi i fari su questa vertenza e a richiamare all’ordine tutte le istituzioni locali e centrali per “costringere” Wartsila a scoprire, finalmente, le carte sul piano industriale e sul futuro di questa fondamentale realtà produttiva locale. Oscuro anche il futuro dei 70 lavoratori occupati a Portopiccolo: chiusa, con affanno, la gestione Ppn, nulla si sa su eventuali soggetti pronti al subentro, mentre i lavoratori in questione  dal 16 marzo al 31 dicembre 2023 avranno l’unica copertura della cassa integrazione … E non ci pare davvero che si prospetti né per i diretti interessati, né per la gestione complessiva del sito un futuro particolarmente luminoso.

Ancora una vertenza, ancora lavoratori costretti a lottare per la propria dignità: il riferimento, evidente, è all’indecoroso trattamento economico degli addetti ai musei (5,49 euro lordi all’ora!) e ai tentativi, finora vani, di trovare qualche legittimo escamotage che consenta un’adeguata integrazione retributiva. Sul tema, se non ricordiamo male, la società appaltatrice del servizio già a fine marzo aveva formulato una proposta di revisione del compenso attribuendo al personale nuove mansioni. Per quanto se ne sa, la questione da allora è ancora in valutazione da parte degli uffici dell’Assessore alla Cultura Rossi: che sia il caso di darsi una mossa? Non vorremmo proprio che la questione finisca nel dimenticatoio sulla pelle di personale indubbiamente qualificato e che sta supportando, con notevole spirito di sacrificio, l’attuale crescita turistica della città.  Parlando di turismo ecco l’aggancio che ci serviva per concludere i nostri ragionamenti sul vero significato della festa del Primo maggio. In base alle più ottimistiche previsioni, per fronteggiare la prossima stagione estiva mancano all’appello in tutta la regione centinaia di lavoratori per qualifiche come baristi, cuochi, addetti alla reception: in una parola, lavoratori fondamentali per la buona riuscita dell’offerta turistica di casa nostra. Cosa sta accadendo? Qui le interpretazioni divergono completamente al punto che non è facile  orientarsi per una reale comprensione del fenomeno.  Da un lato abbiamo i giovani che, sotto voce e a microfoni quasi spenti, parlano di turni massacranti, contratti “grigi”  (se presenti) o addirittura lavori in nero ed in ogni caso senza alcuna prospettiva di stabilizzazione. Dall’altro, alcuni datori di lavoro molto polemici che parlano apertamente di giovani poco disposti al sacrificio (per usare un eufemismo) e ad imparare, pronti a mollare dopo qualche giorno di prova e decisamente attratti, nel breve periodo, da meccanismi come quelli del reddito di cittadinanza. Dove sta la verità?  Forse è proprio il caso di dare ascolto ai rappresentanti delle categorie sia lato datori di lavoro che  lato organizzazioni sindacali e scoprire così che entrambe le parti interessate, nella sostanza, la pensano in maniera molto simile.  Ecco il pensiero di Bruno Vesnaver, presidente regionale Fipe “ se è vero che la cultura del buon lavoro non c’è più, è altrettanto vero che se il lavoro chiede sacrificio, è pur vero che il buon lavoro richiede tutela. Sta al datore rendere il lavoro più appetibile, anche se spesso mancano le condizioni per farlo, quando non si fa già fatica a mantenere in piedi la propria attività ed è così che si rischia di imboccare una via di mezzo, un’ escamotage grigio”. Cosa servirebbe?    “Occorre - prosegue Vesnaver - che le istituzioni mettano i datori di lavoro nelle condizioni di alzare i salari e stabilizzare i contratti, agendo sul cuneo fiscale”. Sentiamo la campana sindacale “ chi si appresta a lavorare nel settore turistico – afferma Matteo Calabrò della UilTucs – sa già che non esistono weekend, che si va a turni spezzati, spesso molto lunghi. Però a questa mole di lavoro spesso non corrispondono né stipendi congrui, né condizioni professionali dignitose”. E allora che succede? “Il rischio – afferma Andrea Blau, segretario regionale Fisascat – è un cortocircuito di precariato, determinato o part-time, ferie negate, giorni di riposo inesistenti e poi, in alcuni casi, un grande lavoro nero e grigio con contratti in parte irregolari e che, sotto il peso del cuneo fiscale, prevedono meno ore di quelle effettivamente lavorate”.  Insomma, siamo al punto di partenza, visto che anche i rappresentanti sindacali sottolineano la necessità e l’urgenza, per uscire da questo cul de sac, di rendere il lavoro più appetibile, rivedere i contratti collettivi e nazionali, incentivare la stabilizzazione dei contratti, tutelare il buon lavoro contro il precariato.

In definitiva, ci pare che le ricette per dare, finalmente, dignità al buon lavoro siano chiare a tutti  gli operatori interessati: si tratta, anche se non sarà né semplice né immediato, di tradurre queste idee in fatti concreti  con norme e contratti ad hoc. Sarà una battaglia dura che avrà però il vantaggio di vedere affiancati datori di lavoro e sindacati e confidiamo che, stavolta, i vertici politici nazionali e locali avranno orecchie attente all’ascolto e pronte all’azione, anche perché ne va del futuro del nostro Paese rendendo finalmente concreto quel bellissimo principio sancito dall’art.1 della Costituzione “ l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, troppe volte disatteso e dimenticato.