Skip to main content

Crisi Wartsila ad una svolta, nei prossimi giorni scadenze cruciali per l’esito della vertenza

 |  Emme Zeta  |  Commento del giorno

Mentre il cargo Uhl Fusion  prosegue il suo “tranquillo” ancoraggio in mezzo al golfo (ma più passano i giorni e più la prospettiva di un rapido imbarco dei motori prodotti da Wartsila e acquistati da Daewoo pare allontanarsi nel tempo), si avvicinano giorni fondamentali per la crisi scoppiata a luglio con l’annuncio della chiusura dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra e del conseguente licenziamento di 451 lavoratori diretti ed altrettanti dell’indotto.

Ecco, in rapida successione, gli appuntamenti da bollino rosso che segneranno le prossime giornate.

Sabato 3 settembre : dalle 16 e 30 concentramento in Foro Ulpiano e poi corteo per le vie cittadine con un appello che dai lavoratori e dai sindacalisti si è fatto pressante per richiedere ed ottenere una presenza massiccia di tutta la città a sostegno della lotta per la sopravvivenza del comparto industriale giuliano.

Mercoledì 7 settembre ore 15 : tavolo di crisi al Ministero dello sviluppo economico. Presenti il Ministro Giorgetti, l’esecutivo regionale ai suoi massimi vertici, i sindacati nazionali e locali e una rappresentanza ( non si sa ancora a che livello) della multinazionale finlandese.

Giorni compresi tra l’8 ed il 12 settembre : presentazione da parte di Wartsila del “piano di mitigazione aziendale”, ovvero dello strumento previsto obbligatoriamente dalla legge che conterrà le misure proposte per “mitigare” le ricadute occupazionali ed economiche della decisione di chiusura dello stabilimento che va comunicato entro 60 giorni dall’avvio della procedura di licenziamento e sul quale i sindacati avranno poi trenta giorni di tempo per discuterne i contenuti, firmare o rifiutare l’accordo. Con l’ulteriore avvertenza che, in caso di dissenso, l’azienda sarà poi libera di procedere in ogni caso ai licenziamenti  annunciati, senza dover ricorrere ad alcun ammortizzatore sociale (dalla cassa integrazione alle altre indennità previste dalla legge).  

Siamo dunque, detto in parole semplici ma chiare, oramai prossimi ai giorni delle decisioni definitive, quelli in cui chi ne ha la competenza per il ruolo rivestito, deve scegliere, assumendosi ogni responsabilità al riguardo.

Partiamo dalla prima scadenza, in ordine cronologico ma anche di importanza, quella di sabato 3 settembre.

E’ evidente, infatti, che solo una presenza massiccia, imponente ed unitaria di tutta Trieste e di tutti i triestini che possono/debbono scendere in piazza servirà a lanciare un preciso e chiaro segnale di rifiuto verso qualunque ipotesi di chiusura dello stabilimento produttivo : il messaggio deve arrivare forte e chiaro !  Credo che sia un’occasione irripetibile per dimostrare sul campo qual è l’opinione della maggioranza dei triestini sul futuro della città che, come già ampiamente sottolineato da autorevoli esperti ed economisti, non può dipendere unicamente dal turismo ed, in genere, dalle attività del terziario, ma deve, necessariamente, poter contare anche su un robusto ed innovativo settore industriale, di cui, certamente, fa parte un’attività strategica come quella della Wartsila.  Come già scritto da qualche commentatore, l’alternativa è tra un futuro di affittacamere, camerieri e distributori di pizze  a domicilio oppure di tecnici qualificati in  settori produttivi di assoluto rilievo. In una parola, si vuole che Trieste sia un città che vive sulla base di una complessa economia del mare (in tutte le sue articolazioni logistiche, portuali, produttive) oppure  unicamente sul mare con acquari, gelaterie, aperitivi e ristoranti ?

Quanto al secondo, fondamentale appuntamento,  al ministero dello sviluppo economico appare altrettanto evidente che, a più di un mese dal primo e del tutto infruttuoso incontro al tavolo di crisi dello scorso luglio, ora le parti (ovvero azienda-istituzioni-sindacati) avranno tutte maturato una precisa e definitiva idea sul futuro dell’azienda. A bocce ferme ed in mancanza di clamorose novità, Wartsila dovrebbe restare ferma sulla chiusura dell’impianto con conseguente ricollocazione di ogni attività produttiva a Wasa, in Finlandia: e dunque?  Dunque diventa sempre più attuale il piano B, già prospettato anche da noi sul Meridiano, ovvero una, magari temporanea, rinazionalizzazione dell’azienda, che dovrebbe, a logica, configurarsi quale Divisione Grandi Motori di Fincantieri. Sulla concreta fattibilità di questo percorso (ammesso e non concesso che un governo “dimissionario” sia in grado di assumere una precisa decisione al riguardo) grava una pesante incognita : Wartsila certamente non consentirà l’utilizzo dei brevetti industriali per la produzione dei motori che ne costituiscono la principale attività. Se questo sarà (e  ci sono già precisi segnali in tal senso),  a mio modesto avviso le alternative possibili sono due : “monetizzare” il costo dei brevetti nel corso della procedura di nazionalizzazione (ovviamente, nell’ambito di una più articolata trattativa in cui dovranno essere pesati anche tutti gli ingenti finanziamenti pubblici percepiti dall’azienda) oppure , nelle more della definizione di nuovi brevetti (tempo stimato due-tre anni), contrattualizzarne l’utilizzo, per il tempo necessario, con aziende concorrenti di Wartsila.  Soluzioni entrambe onerose e certamente ardue da ottenere, ma perseguibili in un’ottica di medio-breve periodo.  

E veniamo alla terza ed ultima scadenza.  Anche qui la strada, difficilissima da perseguire, ma chiara nel suo orizzonte finale, dovrebbe essere unicamente quella di puntare all’apprestamento di tutti i necessari ammortizzatori sociali per poter accompagnare la fase di uscita dell’impianto dall’orbita Wartsila e del suo successivo ingresso nel perimetro pubblico. Anche questo risultato, in un confronto serio e rispettoso in primis della dignità dei lavoratori e poi del ruolo delle istituzioni,  dovrebbe rivelarsi raggiungibile purché tutti gli attori al tavolo abbiano chiaro l’obiettivo finale e si approccino alle trattativa, anche dura e sostenuta, con lo spirito di chi vuole risolvere i problemi e non  unicamente affossare l’economia di una intera città, per non dire di un’intera regione.

Per ora, consapevoli di tutte le difficoltà del caso, vogliamo/dobbiamo mantenere uno spiraglio di ottimismo puntando innanzitutto sulla voglia e sulla capacità di lotta che certamente sabato tre settembre tutta Trieste saprà e vorrà dimostrare : questa volta non ci potranno essere né scuse né alibi !!