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Ora basta!

 |  Emme Zeta  |  Commento del giorno

Davvero non c’è pace all’ombra (quanto mai benedetta in queste torride giornate di sole!) del campanile di San Giusto!  Ferme restando le ottime performance del porto, della logistica e del turismo (che significano, indubbiamente, reddito ed occupazione), è il comparto produttivo a segnare, pesantemente, il passo. Fatta eccezione per l’oramai imminente avvio della nuova attività produttiva del colosso BAT, la crisi attanaglia aziende d’eccellenza del settore industriale.

In ordine cronologico la Duke, la Flex ed ora la Wartsila. I numeri parlano chiaro. Già oggi, a livello provinciale, il PIL relativo all’attività industriale è pari all’8 % del totale. Un dato bassissimo, a detta dei migliori economisti, non sostenibile nel medio-lungo periodo e che rischia di dilatare ulteriormente quel fenomeno, in atto oramai da decenni, per il quale quota-parte significativa della “meglio gioventù” triestina va a cercare fortuna altrove. Sempre per dare concretezza al nostro discorso, stiamo parlando della fascia d’età 30-40 anni che, al netto del calo demografico, vede un emigrazione costante di circa mille unità all’anno!

IL dato è assolutamente preoccupante e merita davvero fare oggi, non tra cinque anni o alla prossima tornata elettorale, ogni sforzo tutti insieme (istituzioni, sindacati, imprenditori) per dare un preciso segnale che la città è satura, ha già dato tutto quello che poteva e non è più disposta a tollerare la perdita nemmeno di un posto di lavoro del proprio settore produttivo.

Come si fa a tradurre questo obiettivo in azioni concrete ?

Innanzitutto,  va salvaguardata la totale unità d’intenti che proprio l’annunciata chiusura del reparto produttivo della Wartsila (coi suoi 450 esuberi diretti ed altrettanti indiretti) ha fatto scattare a tutti i livelli: istituzionale (locale e governativo), sindacale e datoriale. Poi, va fatta immediata chiarezza sui reali obiettivi dell’azienda : chiunque conosca l’ABC dell’economia, è consapevole che annunciare la chiusura del reparto produttivo ed il mantenimento di circa 500 dipendenti per attività di service, ricerca e manutenzione non ha alcun senso economico!

In terzo luogo, va chiaramente ribadito che la scelta di chiusura,  non ha alcuna motivazione finanziaria atteso che Wartsila Italia nell’ultimo triennio ha accumulato utili per oltre 30 milioni di euro, avvantaggiandosi, tra l’altro, dal boom di ordini da parte di Fincantieri, di cui costituisce uno dei principali fornitori della motoristica navale, nonché, cinque anni fa, dell’operazione di cessione ad Interporto di Fernetti, di due capannoni ad un prezzo di assoluto favore.

Dunque, nonostante le reiterate assicurazioni dei vertici aziendali ribadite sino a qualche mese fa’, di non voler chiudere alcun reparto produttivo, ma anzi di sviluppare nuovi progetti ed attività, grazie, tra l’altro ai fondi del PNRR,  siamo di fronte  ad un vero e proprio colpo di mano,  che cancella di botto  una storia fatta di preziose professionalità, lunga ormai 50 anni e che ha fatto dell’impianto di Bagnoli della Rosandra  un caso di eccellenza nel suo settore. Anche per questo, va fatto ogni sforzo per impedirne la chiusura , ma anzi per rilanciarne l’attività. A tal fine, bisogna agire d’astuzia ed ai massimi livelli.

A mio modesto avviso, nel corso della trattativa con i vertici della multinazionale finlandese, che deve avere come unico obiettivo il ritiro del provvedimento di chiusura dell’impianto, va giocata ogni carta possibile ed immaginabile, compresa quella, a tutela di un preciso interesse nazionale, di prospettare il rallentamento, se del caso, del processo di ratifica dell’accordo che sancisce l’adesione della Finlandia alla Nato : troppo azzardato ? Non direi proprio, lo ho già proposto qualche isolata voce politica nazionale, ma il sistema paese deve poter giocare questa partita a 360 gradi, se la vuol vincere! Lo hanno fatti altri paesi europei prima di noi e per obiettivi certamente meno nobili!

Ancora un elemento andrà doverosamente tenuto presente da chi parteciperà al tavolo della trattativa. Attesa la peculiare attività produttiva di Wartsila, ovvero la produzione non solo di motoristica navale ma anche per impianti energetici, la medesima ha tutte le caratteristiche per costituire un’attività strategica per lo Stato. Da ciò una evidente conclusione. Non sarebbe da escludere un intervento di “rinazionalizzazione” dell’impresa, che, esattamente come già accaduto tra il 1984 e il 1997, diverrebbe, in buona sostanza, una sorta di “Divisione” motoristica di Fincantieri.  Con un duplice effetto : il primo positivo per Fincantieri che si porterebbe in casa un’azienda che oggi produce  qualche decina di milioni di utile all’anno ; il secondo, negativo per Wartsila che masticherebbe amaro in quanto, a livello europeo, dovrebbe gareggiare con un nuovo competitor.

Dunque, se è vero che la partita è dura,  è altrettanto vero che, avendo chiari obiettivi e mezzi per portarla a casa, la si può vincere.

Ne va del futuro non solo del migliaio di persone che oggi vedono pesantemente messo in discussione i propri progetti di vita, ma delle sorti future di una città che, mai come in questo periodo, sta dando finalmente importanti segnali di riscossa e di fiducia nelle proprie doti di rinascita.