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MA DOVE VAI, SE L’OVOVIA NON CE L’HAI?

 |  Emme Zeta  |  Commento del giorno

Una piccola premessa va fatta prima di entrare nel merito della questione  relativa alla nuova cabinovia Porto Vecchio- Monte Grisa,  sulla quale, davvero, si sono già versati fiumi d’inchiostro, al punto che risulta ora piuttosto  difficile distinguere tra ciò che costituisce mera polemica politica e quella che potrebbe essere una seria analisi della situazione.

Non faccio parte, del partito, largamente maggioritario a Trieste, del “No xe pol city”, non mi piacciono le posizioni “a prescindere” e, prima di formulare una precisa opinione su un qualunque argomento, cerco di assumere il maggior numero di informazioni,  se possibile, direttamente  alla fonte, senza fuorvianti intermediazioni.  Proprio per tale motivo, ho partecipato, con interesse e senza preconcetti, alla presentazione pubblica dell’idea progettuale al nuovo Centro congressi in Porto Vecchio rimanendo dubbioso per alcuni aspetti, ma attratto dall’idea (per altro risalente oramai a parecchi decenni fa ’) di un collegamento funiviario tra la costa e l’altipiano.  

Ora che partendo dall’idea il Comune ha iniziato a sviluppare la fase progettuale,  i dubbi, anziché dissolversi, si sono moltiplicati. Di qui le ragioni di queste mie brevi considerazioni, ovvero la necessità, sotto un profilo tecnico e non politico,  di mettere a fuoco i problemi, a tutto beneficio della comunità cittadina perché,  al di là dell’impedito referendum (ma questo specifico argomento meriterebbe, forse, un approfondimento in separata sede), sia posta nelle condizioni di conoscere la realtà dei problemi e l’approccio, francamente opinabile, sin qui seguito in particolare dai progettisti incaricati dal comune cittadino.

Il primo, doveroso riferimento va fatto ai “famosi” 48 milioni di euro di cui il Comune di Trieste è beneficiario , nell’ambito dei finanziamenti provenienti dal PNRR e destinati allo sviluppo dei trasporti rapidi di massa.  E qui subito sorge un duplice ordine di problemi legati proprio alla fonte del finanziamento pubblico. Il primo : può  una funivia/cabinovia rientrare nella definizione di un sistema di trasporto rapido “di massa”? Sì, ma solo se ha la capacità di attrarre un numero di passeggeri tale da fornire un vero e proprio servizio di traporto pubblico locale  che per frequenze e tariffazione costituisca davvero un’alternativa praticabile al mezzo privato.  Il secondo : tutti i finanziamenti europei (oramai da anni), ma sopratutto i fondi stanziati dal PNRR, soggiacciono al principio per cui l’intervento è finanziabile solo se si dimostra che “non provoca un danno ambientale significativo”, ma anzi produce sull’ambente un rilevante beneficio.

E’ evidente, pertanto, che entrambi questi profili, al di là della scheda progettuale predisposta dal Comune e valutata positivamente in fase di istruttoria dagli uffici del ministero,  andavano e vanno bene chiariti e risolti nei vari sviluppi progettuali.

Per quello che s’è capito, però, dai numerosi interventi apparsi sui media, pare di poter affermare che non ci siamo proprio, ovvero che si naviga a vista proponendo correttivi estetici (l’arcinota “astronave” di Fuksas per la stazione in Porto Vecchio) oppure possibili prolungamenti (da Campo Sacro a Monte Grisa) con l’evidente finalità di “trovare” quel numero ingente di utenti che solo ne giustificherebbe la realizzazione.  

Non solo, a conferma di un approccio piuttosto singolare ad una opera di tal fatta da parte dei progettisti, ora che, quanto meno a livello di strumentazione urbanistica,  sono state avviate le procedure valutative sull’intervento, si ha la sensazione che nulla sia stato preventivamente analizzato e che ogni piccolo passo di questo procedimento si possa tradurre in una sorta di infinito calvario. Tralasciando l’arcinota questione della Comunella (proprietaria dell’area in cui andrebbe collocata la stazione di Campo Romano), apparsa sui monitor qualche mese fa’ e poi scomparsa (senza che si sia mai saputo com’è stata affrontata), ecco che nell’ambito della procedura di Valutazione Ambientale Strategica i vari enti consultati hanno formulato - si ripete, per quel che è dato sapere dalle notizia apparse sui media – una serie di richieste e di osservazioni che mettono completamente a rischio la concreta realizzabilità dell’opera sotto il profilo ambientale, paesaggistico, trasportistico ed economico.

In sintesi, sotto l’aspetto ambientale la principale criticità rilevata (oltre alle tematiche legate ai venti e agli aspetti idrogeologici ed acustici) riguarda il fatto che la funivia intercetta un’area di massima tutela inserita in una Zona di Protezione Speciale e sito Natura 2000, qual è il Bosco Bovedo (dove andrebbero collocati alcuni piloni dell’impianto di risalita), area nella quale è fatto divieto di “realizzare nuovi impianti di risalita a fune” : sul punto, in risposta, si registra solo la stizzita reazione dell’assessore comunale ai lavori pubblici che, testualmente, ha affermato “..noi la pista da sci non la facciamo di sicuro..” Una tale affermazione si commenta da sé , posto che la stessa Avvocatura dello Stato non ha avuto difficoltà a confermare che la tutela si applica a “tutte le tipologie di impianti a fune…in considerazione che detti impianti “hanno strutturalmente un impatto sull’habitat dei volatili” e possono “pregiudicare l’eco sistema e la sicurezza degli uccelli che lo stesso decreto tutela”.

Sotto  il profilo paesaggistico, vengono richiesti approfondimenti sull’impatto visivo e paesaggistico sia in Porto Vecchio che nella zona Campo Romano-Bovedo.  Infine, sotto il profilo trasportistico ed economico la competente Direzione regionale dell’ambiente osserva che, sulla base dei dati forniti, nell’ora di punta verrebbero tolti dalla rete 450 veicoli equivalenti, ovvero l’1,25 % dei veicoli circolanti nell’area di studio nella medesima fascia oraria : dunque effetti positivi  decisamente contenuti e numeri di potenziali utenti che fanno fortemente dubitare della sostenibilità economica dell’opera.  Tanto per essere chiari su quest’ultimo punto, si rileva come a livello regionale (quanto meno sulla base di notizie di qualche anno fa’ che la pandemia e i suoi effetti collaterali potrebbero solo aver appesantito), l’unico impianto di risalita che produce un buon utile risulterebbe essere la funivia del Lussari; gli altri sono strutturalmente in disavanzo e costringono la Regione a ripianare annualmente il deficit di esercizio. Quindi, anche su questo fondamentale aspetto, è il caso di andarci molto cauti sia in termini di identificazione realistica del bacino di utenza, sia in termini di fissazione delle tariffe.

Chiudo con un’ultima,  fondamentale considerazione : l’ABC per la progettazione di una qualsiasi opera pubblica di una certa rilevanza, richiede che sin da subito si abbiano chiari non solo gli obiettivi che si vogliono perseguire, ma anche e soprattutto la zona e i vincoli in cui l’opera andrà ad impattare.

E non si tratta  di preconcetti o pregiudizi, ma di regole di fondo per assicurare una progettazione di buon livello e, soprattutto, fattibile.

Viste le difficoltà sinora incontrate dalla nuova cabinovia, c’è veramente da chiedersi se a Palazzo Cheba ne siano veramente consapevoli o se, come già prospettato, non sia veramente il caso di cambiare rapidamente obiettivo (tramvia elettrica Barcola-Campo Marzio, ad esempio) ad evitare l’impellente rischio che i fondi del PNRR trovino rapidamente un altro beneficiario ed un'altra destinazione.

Parole chiave: Trieste