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Il calcio piange Guido Doz, maestro d'altri tempi

Mercoledi 23 febbraio ci ha lasciato uno degli ultimi maestri del calcio triestino, un maestro d’altri tempi: Guido Doz. Gentile, educato, cordiale, mai uno scatto d’ira e sempre pronto a dispensare consigli. Nato nel 1948 a Salvore, a 17 anni aveva esordito in Prima squadra nel Ponziana, in quel...
 |  Redazione sport  |  Calcio
Guido Doz in una foto d'archivio

Mercoledi 23 febbraio ci ha lasciato uno degli ultimi maestri del calcio triestino, un maestro d’altri tempi: Guido Doz. Gentile, educato, cordiale, mai uno scatto d’ira e sempre pronto a dispensare consigli. Nato nel 1948 a Salvore, a 17 anni aveva esordito in Prima squadra nel Ponziana, in quella stagione disputò otto gare segnando un gol. Le sue qualità tecniche lo portarono ben presto a qualcosa di più importante.

Tre soprattutto le tappe da ricordare. Il Padova (giocò anche al Grezar una famosa gara contro la Triestina che ad un certo punto fu sospesa per nebbia), la Sampdoria e la Nazionale Juniores. Nell’avventura azzurra ebbe come compagni tra gli altri anche il barone Causio, Paina, Vecchi, Marchetti e Turone. Con la Sampdoria, sotto la guida tecnica di Fulvio Bernardini, giocò invece al fianco dei vari Lodetti, Vieri (padre), Frustalupi, Salvi, Marcello Lippi e il grande Luisito Suarez. Uno degli aneddoti che amava ricordare riguarda proprio lo spagnolo, ex bandiera dell’Inter negli anni ‘60. “Suarez - diceva Guido - era ormai a fine carriera. Durante una partitella d’allenamento un suo compagno giovane aveva perso un pallone e si era fermato per protestare, lo stesso Suarez invece (ormai trentacinquenne) corse dietro all’avversario sino in fondo al campo e gli rubò la sfera. A questo punto fermò il gioco e portò il pallone a quel ragazzo che se lo era fatto soffiare dicendogli che doveva essere lui a corrergli dietro. Che insomma, anche se sbagli, poi devi dare il massimo per riparare all’errore”. Fatto questo considerato normale per Doz, centrocampista bravo per qualità e per quantità.

Guido, tornato a casa, finì poi a giocare nel Circolo Marina Mercantile, quindi nel Portuale ed infine nell’Opicina.

A questo punto la sua grande passione, quella di insegnare ai ragazzi con soddisfazioni impareggiabili, lo portò ad allenare nei settori giovanili al San Luigi e con le lunghe esperienze nella Triestina e nel San Sergio. Per lui era molto importante vedere i suoi ragazzi uscire da allenamenti e partite sereni e sorridenti, forse ancora di più dei risultati ottenuti, peraltro buoni. Tra un allenamento e l’altro per lui anche tanto calcio amatoriale e anche lì cercava di dare qualche dritta ai compagni. Che siano stati adulti o bambini, la sua concezione era quella di non buttare mai via la palla, anche nelle condizioni di difficoltà difensiva, di cercare insomma di costruire sempre il gioco. “Per me sarai sempre il miglior giocatore del mondo” dice di lui la figlia Cristina. E bravo lo era per davvero. Addio Guido, vero maestro di calcio.

Parole chiave: Trieste