Virus delle scimmie
Da un paio di settimane si sta parlando del virus delle scimmie o Monekypox. Ma che cos'è? Il vaiolo delle scimmie è trasmesso all'uomo dagli animali con sintomi molto simili a quelli osservati in passato nei pazienti con vaiolo, sebbene sia clinicamente meno grave. L’infezione è causata dal poxvirus, lo stesso virus responsabile del vaiolo, scoperto inizialmente in un laboratorio danese nel 1958 nelle scimmie, di cui il primo caso umano risale al 1970 in un bambino della Repubblica democratica del Congo. Ad oggi sono circa 30 i paesi al di fuori dell’Africa dove è stato riscontrato il virus, un focolaio molto importante nella storia del vaiolo delle scimmie in occidente.
Il periodo di incubazione del vaiolo delle scimmie è generalmente compreso tra 6 e 13 giorni, ma può variare da 5 a 21 giorni. In questo lasso di tempo la persona non ha sintomi e può sentirsi bene. Il virus viene trasmesso da una persona all'altra per stretto contatto per esempio con lesioni, fluidi corporei, goccioline respiratorie e materiali contaminati come lettiere ma anche indumenti, asciugamani o biancheria da letto. Il consumo di carne e altri prodotti di animali infetti e non adeguatamente cucinati è anch’esso un possibile fattore di rischio. Negli esseri umani, i sintomi del vaiolo delle scimmie sono molto più lievi rispetto ai sintomi del vaiolo; generalmente si inizia con segnali simil-influenzali come:
- Febbre e brividi
- Mal di testa e malessere generale
- Dolori muscolari e mal di schiena
- Linfonodi ingrossati al collo, ascelle, inguine
- Esaurimento.
Entro 1 o 3 giorni (a volte più) dopo la comparsa della febbre, segue un’eruzione cutanea, con piccole protuberanze (simili alla varicella, sifilide o herpes) che spesso iniziano sul viso per poi diffondersi su braccia e gambe fino al resto del corpo.
Le lesioni progrediscono attraverso le seguenti fasi prima di cadere:
- Macule
- Papule
- Vescicole
- Pustole
- Croste
La malattia dura in genere per 2-4 settimane, e una volta che tutte le croste sono cadute, una persona non è più contagiosa.
A fare il punto sulla situazione nei giorni scrosi è stato il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante il periodico briefing per la stampa. Il Direttore ha ribadito che "l'improvvisa e inaspettata comparsa del Monkeypox in diversi Paesi dove l'infezione non è endemica suggerisce che la trasmissione potrebbe essere andata avanti per qualche tempo senza essere rilevata. Ma non sappiamo per quanto tempo" la circolazione del virus possa essere rimasta inosservata. E aggiunge che "più di 1.000 casi confermati di vaiolo delle scimmie sono stati segnalati all'Organizzazione mondiale della sanità da 29 Paesi dove la malattia non è endemica. Finora in queste nazioni non sono stati segnalati decessi" e le infezioni registrate riguardano "principalmente, ma non solo, uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. Alcuni Paesi stanno iniziando a segnalare casi di apparente trasmissione comunitaria, compresi alcuni nelle donne". In Europa il virus è stato identificato in otto Paesi.
In questo senso, l'Agenzia delle Nazioni Unite per la salute torna a esortare i Paesi colpiti a "fare ogni sforzo per identificare tutti i
casi e i contatti, così da controllare questo focolaio e prevenire la diffusione della patologia". Per questo l'Oms ha pubblicato linee guida sulla sorveglianza e il tracciamento dei contatti, e sui test di laboratorio per la diagnosi. E nei prossimi giorni - preannuncia il DG Tedros - pubblicheremo anche linee guida sull'assistenza clinica, la prevenzione e controllo delle infezioni, e la vaccinazione". Contro il vaiolo delle scimmie "esistono antivirali e vaccini approvati, ma questi prodotti sono disponibili in quantità limitate ma l'Oms sta mettendo a punto un meccanismo di coordinamento per la distribuzione delle forniture in base alle esigenze di salute pubblica e secondo criteri di equità" ha annunciato il Tedros. L'OMS la scorsa settimana ha inoltre ospitato "una consultazione con oltre 500 ricercatori internazionali, per analizzare la patologia e per identificare le priorità della ricerca”.
a cura di Flavio Ballabani