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Il Covid 19 e la guerra biologica

Nell’ultimo trimestre del 2021 si è registrata una forte impennata di contagi Covid 19 nel mondo anche, ma non solo, dovuti alla diffusione della variante Omicron. I mass media continuano a mettere in guardia la popolazione suggerendo strategie e soluzioni risultate vincenti nell'ultimo anno e mezzo di lotta, togliendo però spazio...
 |  Mariano D'Adamo  |  Salute

Nell’ultimo trimestre del 2021 si è registrata una forte impennata di contagi Covid 19 nel mondo anche, ma non solo, dovuti alla diffusione della variante Omicron. I mass media continuano a mettere in guardia la popolazione suggerendo strategie e soluzioni risultate vincenti nell'ultimo anno e mezzo di lotta, togliendo però spazio alle iniziative che analizzano le radici di questa pandemia.

L’OMS nel 2020 aveva distinto tre linee guida da utilizzare per poter reagire in maniera più coordinata e pro-attiva a emergenze simili. Un maggior scambio di  informazioni, una maggiore trasparenza e coordinazione nei finanziamenti internazionali ed una cooperazione nello sviluppo e riconoscimento dei vaccini. In quest'ottica ha quindi senso analizzare la rete di più di 400 biolaboratori americani situati in posizioni strategiche nel mondo e finanziati direttamente dal Ministero della Difesa statunitense. Recentemente Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza russo, ha richiesto maggiori informazioni sul lavoro svolto nei laboratori che sono collocati vicino ai confini russi. Le sue preoccupazioni sono cresciute dopo le rivelazioni dell'intelligence cinese e del portavoce del Ministero degli Esteri Geng Shuang che hanno confermato l'esistenza di tali installazioni e di come, in tali laboratori, si stiano facendo esperimenti su nuovi tipi di virus.

Francis Boyle, professore dell’Università dell’Illinois, ha dichiarato che "dall’undici settembre ad oggi sono stati finanziati dal Ministero della Difesa americano più di 100 miliardi di dollari per la creazione di nuove armi biologiche". Circa 13.000 scienziati sono oggi impiegati in più di 400 laboratori, in America ed all'estero, con l'intento di creare nuovi germi e virus killer resistenti ai vaccini.

Consci del problema alcuni deputati del Parlamento ucraino hanno mandato una richiesta di chiarimenti ufficiale al Presidente Vladimir Zelensky con l'intento di  chiarire perchè esistano 15 biolaboratori statunitensi in Ucraina. L'ambasciata americana di Kiev ha reagito dichiarando che dal 2005 tutti i test che vengono effettuati nei loro biolaboratori sul suolo ucraino sono pacifici. Nonostante questo, gli esperti ricordano che nel 2011 ci fu una fuoriuscita di colera che uccise 33 persone; nel 2014 quasi 800 persone risultarono infette da colera; nel 2016 20 militari e 364 civili morirono a cause di un virus sconosciuto simile all'influenza; nel 2019 5371 civili, di cui 2347 bambini, risultarono infetti da morbillo quando, in precedenza, in tale zona i casi erano 3 (2016) e 87 (2017). 

La location esatta dei biolaboratori in Ucraina è quindi diventata pubblica ed è stato dimostrato che sono stati finanziati dal Ministero della Difesa americano il quale non solo ne controlla gli obiettivi ma non permette alle forze dell’ordine locali di essere a conoscenza del lavoro lì svolto. Spesso infatti sono presenti scienziati stranieri che lavorano e prendono istruzioni dall'estero. La medesima situazione si ripete anche in altri stati. In Moldavia, per esempio, nel 2008 è stato aperto un nuovo biolaboratorio americano per la prevenzione dell’AIDS e dell'epatite B in cui è proibito al governo ed ai servizi di sicurezza moldavi di avere alcun accesso o di controllare il lavoro lì svolto. La Defence Threat Prevention Agency americana (DTRA) si occupa ufficialmente della ricerca di armi di distruzione di massa ed ha aperto 5 nuovi laboratory in Kazakistan e 2 in Uzbekistan investendo più di 565 milioni di dollari. L’obiettivo principale è lo studio di malattie pericolose per gli uomini tra le quali la piaga, l’anthrax, la brucellosis ed iI coronavirus. E’ notoriamente molto difficile perennemente contenere le infezioni in questo tipo di laboratory.

Fa quindi riflettere come nel 2007 un biolaboratorio americano fu aperto presso l'Istituto di virologia in Tashkent (Uzbekistan) con un grant sullo studio della brucellosis nella regione e dopo solo un anno si notò un'impennata di contagi di brucellosis e si iniziarono a registrare anche casi di anthrax. Anche in Georgia Igor Giorgadze, ex capo del MVG, nel 2018 già dichiarava che nel suo paese in tali laboratori venivano eseguiti anche esperimenti sulle persone dando evidenza di almeno 73 vittime. Wikipedia ci ricorda che la locuzione arma di distruzione di massa (in inglese weapon of mass destruction) viene usato per descrivere un'arma capace di uccidere indiscriminatamente una grande quantità di esseri viventi. Questa definizione comprende diversi tipi di armi, tra cui armi nucleari, armi biologiche, armi chimiche e armi radiologiche. Ad oggi, le armi biologiche rimangono il tipo meno controllato di armi di distruzione di massa formalmente supervisionato dalla Convenzione sulle armi biologiche e tossiche (BTWC), adottata nel 1972 e ratificata da gran parte degli stati del mondo nel 1975. In base ai 10 principi della convenzione non è formalmente permesso a nessuno non solo produrre ma anche stoccare o fare ricerca sulle armi di distruzione di massa. Ritornando quindi alle linee guida proposte recentemente dall’OMS i mass media dovrebbero non solo assicurarsi che in tali biolaboratori si stiano facendo esperimenti conformi al BTWC, ma anche, almeno per coscienza, si dovrebbero fare degli accertamenti sugli standard di protezione utilizzati in tali installazioni in maniera da tranquillizzare l'opinione pubblica ed evitare nuove possibili epidemie nel mondo.
 
Ing. Mariano D'Adamo
 
Mariano D'Adamo Ingegnere e Top Manager con base in Russia. Socio e Direttore Generale di Euronda Russia è stato Vice Direttore Generale di LSEG per più di 10 anni. Laureato in Ingegneria (Università di Trieste) con MBA alla Vlerick Business School e perfezionamento alla Columbia Business School.