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Nuova terapia cardiovascolare

Un anticorpo monoclonale può bloccare la fibrosi e proteggere il muscolo cardiaco dopo un infarto del miocardio. È questa la significativa conclusione di uno studio guidato da Serena Zacchigna, professoressa associata al Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute (DSM) di UniTS e responsabile del laboratorio di Biolog...
 |  Francesco Tremul  |  Salute

Un anticorpo monoclonale può bloccare la fibrosi e proteggere il muscolo cardiaco dopo un infarto del miocardio.

È questa la significativa conclusione di uno studio guidato da Serena Zacchigna, professoressa associata al Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute (DSM) di UniTS e responsabile del laboratorio di Biologia Cardiovascolare dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste, che ha dimostrato l’efficacia di un nuovo farmaco biologico.

Nel gruppo di lavoro, oltre a Serenza Zacchigna, anche i biologi molecolari Mauro Giacca, professore ordinario ed Andrea Colliva, assegnista di ricerca, entrambi afferenti al DSM.

La ricerca, pubblicata dalla prestigiosa rivista Nature Communications, ha rilevato l'effetto benefico dell'anticorpo attraverso un doppio meccanismo: da un lato riduce la deposizione di tessuto fibroso che limita la funzione di pompa del cuore e dall’altro promuove la sopravvivenza delle cellule muscolari cardiache.

Si tratta di un punto di svolta nel settore delle terapie innovative impiegate nella battaglia contro le malattie cardiovascolari, che rappresentano la prima causa di morte in tutto il mondo e la principale fonte di spesa sanitaria.

In Italia, ad esempio si stimano oltre 20 miliardi di € di costi annui per la cura di queste malattie. Ed i numeri sono purtroppo destinati a crescere nel prossimo futuro.

Frutto di una lunga collaborazione tra gli istituti triestini e l’Università di Zagabria, lo studio rivela il ruolo fondamentale di una famiglia di proteine, chiamate Bone Morphogenetic Proteins (BMPs), nell’evoluzione della fibrosi cardiaca dopo un evento ischemico.

“Aver potuto collaborare con i colleghi croati – afferma Andrea Colliva, primo autore del lavoro – ci ha consentito di testare l’efficacia di un anticorpo monoclonale che blocca una particolare versione di proteina BMP (la BMP1.3), i cui livelli risultano particolarmente elevati nei pazienti che arrivano al Pronto Soccorso per un infarto del miocardio”.

Nell’ultima fase del progetto, all’asse Trieste-Zagabria si è unito anche un gruppo di cardiochirurghi di Innsbruck che ha portato le proprie esperienze e competenze nell’ambito dei meccanismi che sottendono al danno ischemico e allo sviluppo di terapie innovative.