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Primo maggio a Monfalcone: una città simbolo per le questioni del lavoro, della convivenza sociale e del futuro delle imprese

Le dichiarazioni del sindaco, Anna Maria Cisint: “La scelta dei sindacati di collocare a Monfalcone la festa nazionale del Primo Maggio è un'ulteriore dimostrazione di quanto la città sia diventata il simbolo e il riferimento per l’intero Paese delle questioni del lavoro che s’intrecciano con quelle della convivenza sociale e del futuro delle i...
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Le dichiarazioni del sindaco, Anna Maria Cisint:

“La scelta dei sindacati di collocare a Monfalcone la festa nazionale del Primo Maggio è un'ulteriore dimostrazione di quanto la città sia diventata il simbolo e il riferimento per l’intero Paese delle questioni del lavoro che s’intrecciano con quelle della convivenza sociale e del futuro delle imprese. La città che ospita lo stabilimento italiano di punta di Fincantieri nella costruzione delle grandi navi da crociera, dall’inizio degli anni Duemila ha visto affermarsi un modello produttivo basato sul subappalto e sull’arrivo indiscriminato di immigrati dai Paesi più poveri, nel caso in questione musulmani del Bangladesh. Si è così consolidato ed esteso un sistema di forme di dumping salariale e giuridico che ha reso meno attrattiva la manifattura navalmeccanica, sia per i lavoratori che per le piccole imprese artigiane. 

Per troppi anni, nell’indifferenza generale (ma proprio di tutti), è stata umiliata la dignità del lavoro, ignorata la responsabilità sociale della grande impresa che ha rinunciato alle assunzioni dirette, alla formazione e all’impiego delle maestranze locali e all’addestramento dei nostri giovani da impiegare nel nostro stabilimento. In questo modo è andato perso l’orgoglio professionale di generazioni di tecnici e operai che, negli anni della ristrutturazione industriale, avevano lottato per la sopravvivenza dello stabilimento stesso. Per questo, la battaglia del Comune per cambiare questi modelli del passato ha oggi una valenza nazionale e si gioca ora su un tavolo a Roma con Governo e Fincantieri in quanto è in gioco il valore che il lavoro deve avere nel nostro Paese, per dare un futuro alla nostra manodopera e ai nostri giovani. Il caso Monfalcone è emblematico in Italia, anche perché è la dimostrazione delle conseguenze sociali che si determinano quando la presenza straniera, e in particolare quella islamica, supera il livello di sostenibilità e mette in crisi l’intera organizzazione della società, ma soprattutto l’identità da parte di chi vuole promuovere una cultura islamica incompatibile con il nostro ordinamento. 

Monfalcone, tuttavia, può essere assunta a pieno titolo per dimostrare che il destino di un territorio a vocazione industriale, che non si è rassegnato a essere di città-dormitorio di un’immigrazione incontrollata, può essere trasformato in una realtà vitale se si ha la capacità di promuovere settori innovativi, come la portualità, la nautica, il turismo valorizzando una logistica il cui rilancio era rimasto negli ultimi quarant’anni solo un auspicio inconcludente. E’ questo l’orgoglio che ci anima. Molti dei lavoratori del nostro cantiere “costruirono le stelle del mare, li uccise la polvere”, come è scritto in un monumento fuori dallo stabilimento, che ricorda che la città ha pagato un tributo fra i più alti in Italia per le conseguenze dell’utilizzo dell’amianto. La sicurezza non dovrebbe mai essere svenduta, né dovrebbe esserlo la tutela dei diritti dei lavoratori e dei loro familiari, così come è accaduto con un accordo tombale della giunta che mi ha preceduto con Fincantieri. In questi ultimi anni, Monfalcone, per prima in regione, ha bonificato il suo territorio e ha investito nella ricerca sanitaria. Anche su questo terreno possiamo dire di essere un esempio di ciò che non si doveva fare in passato e di ciò che abbiamo ora la responsabilità di perseguire”.

Parole chiave: Monfalcone