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Palachiarbola chiuso e Pallamano Trieste senza campo: vogliamo darci una mossa?

 |  Emme Zeta  |  Commento del giorno

Non abbiamo la fortuna di conoscere i vertici societari della Pallamano Trieste, da Giorgio Oveglia a Michele Semacchi, ma si tratta, con tutta evidenza, di persone di grande passione sportiva e di notevole spessore umano e morale. Perché diciamo questo? Perché, oltre ad aver messo in gioco loro stessi, in tutti i sensi, per mettere in sicurezza una  grande tradizione sportiva che ha dato tanto lustro alla nostra città quale quella rappresentata dalla Pallamano Trieste (che negli anni si è fregiata di ben 17 scudetti!)  e che, travolta dalle difficoltà finanziarie, rischiava l’anno scorso di sparire dalle categorie di vertice, ha dimostrato, proprio nelle recentissime vicende che hanno colpito il PalaChiarbola, una pazienza ed una signorilità degne, davvero, di miglior causa.

Ricapitoliamo, per sommi  capi, ciò che è accaduto negli ultimi giorni e che ha repentinamente portato alla chiusura del “tempio” della pallamano giuliana , ovvero il PalaChiarbola. A seguito di un sopralluogo dei Vigili del Fuoco vengono rilevate alcune criticità, riguardanti in particolare le condizioni di una scala esterna e alcuni intonaci in cattivo stato, che impongono, a causa dei potenziali rischi per l’incolumità degli utenti, la chiusura dell’impianto. A detta dello stesso Comando dei Vigili del Fuoco, si tratta di problemi risolvibili con alcuni interventi di piccola manutenzione, di modesta entità finanziaria e con una tempistica decisamente contenuta. Tutto bene allora?  Non è proprio così perché trattandosi di impianti aperti al pubblico, qualunque intervento infrastrutturale, anche se di modesta entità, deve obbligatoriamente passare  al vaglio della Commissione  di vigilanza ai pubblici spettacoli. E qui casca l’asino! Infatti, poiché si tratta di un organismo pletorico ed impegnato su molteplici fronti (non ultimo quello degli spettacoli carnascialeschi!), ecco la crescente difficoltà a trovare, nelle diverse agende, una data che vada a bene a tutti i suoi membri. Nel  momento in cui scriviamo  questo articolo, la convocazione è appena avvenuta, ma, nel frattempo, sono passati oramai parecchi giorni da quel fatidico 13 febbraio in cui è avvenuto il “famoso” sopralluogo dei Vigili del Fuoco. Reazioni della Giunta municipale? Si è mossa unicamente l’assessore Lodi che si è peritata di rintracciare velocemente i rappresentanti delle 13 società (oltre alla Pallamano Trieste) che operano all’interno del palasport al fine di reperire una soluzione di emergenza che consentisse a tutti di continuare ad operare.   In effetti, grazie alla Gespal (Ndr: la società che gestisce la gran parte delle palestre comunali),   alle scuole superiori e alle società che hanno in gestione impianti comunali, l’emergenza è stata tamponata nel giro di qualche ora. Ovviamente, le soluzioni trovate sono, appunto soluzioni-tampone, nel presupposto (che appariva allora fondato) di un rapida riapertura del PalaChiarbola.   

Posto che il segnale, rapido ed efficace, dato nel frangente dalla Lodi è sicuramente apprezzabile, ciò che non va è il silenzio “assordante” che ne è seguito. A fronte di una società di vertice della pallamano nazionale che ha in programma di affrontare la prima in classifica in un match al cardiopalmo per determinare l’eventuale ritorno immediato in serie A, presidente e vertici societari sono stati costretti a lanciare un vero e proprio S.O.S. ai media, lamentandosi, con grande garbo, di essere trattati come figli di un dio minore, cui nessuna spiegazione è dovuta. Secondo quanto rappresentato pubblicamente e  a fronte della ennesima soluzione emergenziale trovata al novantesimo minuto (ovvero la disponibilità ad ospitare il big match con lo Sparer Appiano al PalaCalvola, grazie alla grande sensibilità dimostrata dal San Vito),  in una settimana o poco più non è accaduto nulla, tanto da far dire ad uno sconsolato presidente Semacchi  “… nessuno  si è preso la briga di spiegarci cosa sta accadendo, non sappiamo se il problema si risolverà e quanto tempo servirà per riaprire una struttura che ..è la nostra casa”.  Che la situazione sia estremamente seria lo confermano le ulteriori considerazioni di Semacchi e  dei suoi collaboratori che, a fronte di una settimana persa inutilmente, cui ne seguiranno altre in cui si dovrà decidere appena cosa fare, farlo e poi  riaprire la struttura (quando non si sa!!),  lo portano a valutare se sia valsa la pena di salvare la Pallamano a Trieste e se ci siano le condizioni per proseguire questa avventura. Lui, in fondo e come tutti i veri appassionati di sport, è convinto di sì e afferma con la medesima convinzione di volere continuare, ma ad un’unica condizione “..che non ci vengano messi i bastoni tra le ruote..”.  Ecco su questa affermazione del presidente, siamo totalmente d’accordo e lo diciamo anche per esperienza personale.  A Trieste, fatta eccezione per lo sport di vertice e per la fortunata condizione della pallanuoto (per cui non finiremo mai di ringraziare il grande impegno di un imprenditore come Samer), fare sport nelle categorie cosiddette minori e negli sport che hanno meno seguito, è davvero un’impresa improba e troppe volte quasi osteggiata da quelle istituzioni, in primis comunali,  che fingono di non capire o sminuire la grandissima importanza, sociale prima che sportiva, che l’associazionismo dilettantistico riveste nella nostra città. Ad invertire la rotta basterebbe una semplice ma complessiva presa in carico del problema correlato alla situazione dell’impiantistica sportiva “minore” a Trieste: una “fotografia” dell’esistente ed un piano pluriennale di manutenzione straordinaria dei vari impianti. Ecco quello che servirebbe!

Forti di questa convinzione, ci permettiamo allora di fare nostro l’appello della Pallamano Trieste: Sindaco e assessore allo sport vogliamo darci una mossa ?