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Dalla diga di Genova all'ovovia di Trieste, un fantasma s'aggira per l'Italia: che fine faranno gli interventi ed i fondi del PNRR?

 |  Emme Zeta  |  Commento del giorno

Già mi par di sentire i commenti dei lettori più attenti: “ecco, di nuovo con questa storia dell’ovovia, ma non c’è niente di più interessante di cui parlare?”

Mi spiace deluderli, perché l’argomento è troppo serio per essere liquidato in un unico pezzo e merita sicuramente un periodico aggiornamento per capire bene dove si sta andando a parare e  se davvero la città trarrà un qualche beneficio da questa,  complessa vicenda.  Stavolta la prendiamo un po’ alla larga, alzando lo sguardo dal colle di San Giusto e planando sulla Lanterna genovese, anche perché, se pure si stia parlando di opere profondamente diverse, sono entrambe tenute alla stesse, rigide regole, sia temporali che sostanziali, del PNRR. Detto questo, per chi non avesse avuto occasione di informarsi sull’argomento, riassumo per sommi capi la vicenda, davvero esemplare, della nuova diga di Genova.

Si tratta dell’opera portuale più ambiziosa (un miliardo di euro di costo) e complessa finanziata dal Pnrr. Su quest’opera, già in fase di progettazione, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili sia a livello nazionale che ligure aveva chiaramente espresso all’Autorità di sistema portuale le proprie perplessità sul progetto della nuova diga, considerandolo a rischio “..tecnicamente, finanziariamente e operativamente”. E che non fossero parole al vento, nonostante il contrario e onnipotente avviso dell’Autorità procedente (vi ricorda qualcuno ?),  è stato poi  chiaramente dimostrato dal fatto che la gara successiva è andata deserta, con sommo scherno dei sapientoni di turno. In rapida successione  e sempre di corsa (vista la stringente tempistica del PNRR),  si  è limato il progetto, rifatto il bando e, sempre di corsa, nominata una prima Commissione di esperti per valutare le offerte. Peccato che, come dice la saggezza popolare “la gattina frettolosa, partorisce gattini ciechi”, e quindi nessuno si era peritato di controllare i requisiti dei commissari !    Conseguenza?  Nuovo stop alla procedura di gara e nuova nomina della Commissione di valutazione  e questa volta con  tutti i requisiti a posto e senza alcun potenziale conflitto di interesse.  Direi, tanto per essere diplomatici, che c’è molto da imparare da un’esperienza del genere !

E veniamo a Trieste, ovvero al ”volli, fortissimamente volli” che ha finora accompagnato l’idea (vincente?) dell’ovovia Porto Vecchio-Opicina.

Dunque, per quanto è dato di sapere, siamo ancora nella fase di stesura del progetto e di acquisizione di tutti i necessari pareri. Nell’ultima settimana, come direbbe l’amato Sindaco, sono emerse alcune cose estremamente interessanti. Iniziamo dall’unica, positiva notizia che l’assessore Lodi si è peritata di comunicare ai media: parrebbe che Cassa Depositi e Prestiti abbia comunicato al Comune l’intenzione di stanziare un venti per cento di contributo integrativo  per fronteggiare l’incremento dei costi delle materie prime. Ora, l’esborso pubblico ammonterebbe quindi a 57 milioni di euro con un incremento di 9 milioni di euro rispetto allo stanziamento originario di 48 milioni. Si tratta, come pare di capire, di soldi “sulla carta”, atteso che, come dichiarato pubblicamente dall’assessore comunale al bilancio Bertoli, dei finanziamenti assegnati a valere suoi fondi Pnrr il Comune di Trieste non ha sinora visto il becco di un quattrino !

Arriviamo ora alle note più dolenti. Come dichiarato pubblicamente dal comitato No Ovovia, il Comune di Trieste, già da luglio scorso,  sapeva , come da nota ufficiale del Ministero della Transizione Ecologica, che “tutte le tipologie di impianti a fune rientrano nell’ambito del divieto” di edificazione nelle ree Natura 200, come il bosco Bovedo a Trieste. E che ti fa il Comune di Trieste? Assolutamente nulla, tira dritto come se la nota fosse un capriccio del funzionario di turno, tanto da replicare, Lodi dixit, “ricordiamo che quello del ministero è un parere, non legge, ed è lo stesso ministero ad aver voluto l’opera nel Pnrr”. Non solo, sempre secondo il Lodi-pensiero, sono sempre possibili deroghe in taluni casi di interesse speciale e la cabinovia vi rientra “per salute, ambiente e mobilità”. Al di là dell’infuriata reazione del comitato  (che ha già preannunciato esposti alla Corte dei Conti e alla giustizia ordinaria), ci permettiamo sommessamente di formulare alcune semplici osservazioni. La prima : non è il Mite, ma semmai il Ministero delle infrastrutture che ha inserito il progetto tra quelli finanziabili dal Pnrr, su specifica richiesta del Comune.  La seconda :  se fosse possibile una deroga alla tutela, stringente, dei siti Natura 200 essa andrebbe adeguatamente motivata indicando funzione specifica dell’opera, effetti positivi sull’ambiente (con dati, non con fantasiose ipotesi) e con relazioni dettagliate che dimostrino che alla fine non c’è un impatto negativo complessivo sull’ambiente ma che anzi vi è un reale beneficio.  E su questo specifico punto, ci permettiamo solo di evidenziare come già in sede di presentazione del nuovo Parco lineare in Porto Vecchio, l’impatto ambientale dei piloni della nuova ovovia c’è ed è del tutto evidente, tanto che nella fascia di rispetto della linea si è dovuto limitare l’altezza delle alberature ed in alcuni casi si è pure prevista un’operazione di espianto degli alberi che superano le altezze consentite per collocarli in altre parti della città ! E’ solo un esempio, tanto per far capire di quali “ingombri” e di quali impatti stiamo parlando.

Anche la Commissione europea si è interessata alla “nostra” ovovia. Rispondendo ad una interrogazione dell’europarlamentare pentastellata  Pignedoli , la Commissione “chiederà chiarimenti all’Italia in merito al progetto dell’ovovia”.  In particolare, la verifica verterà proprio sul rispetto della normativa europea per questo tipo di progetti, quali ad esempio, la Direttiva Habitat per la tutela dei siti Natura 2000. E se la verifica andasse male ? Come preannunciato da autorevoli commentatori che hanno frequentato per anni gli uffici della Commissione europea, il rischio è quello della messa in mora con una serie di passaggi che potrebbero persino portare all’applicazione di sanzioni all’Italia.

Ora non si tratta di fare gli uccelli del malaugurio, però, ancora una volta, facciamo appello alla responsabilità di politici e dirigenti (sinora totalmente appiattiti su un’idea che appare irrealizzabile ogni giorno che passa), affinché  facciano al più presto un sereno bilanciamento degli interessi in gioco e, con umiltà ed intelligenza, ammettano di aver sbagliato bersaglio, attivandosi, da subito, per progetti ed iniziative meno impattanti e concretamente fattibili. Infatti, per chiudere, il vero problema non è tanto spendere soldi pubblici tanto per spenderli, ma tradurre i proclami in fatti e scegliere iniziative che realizzino davvero gli interessi della comunità perché questa, alla fin fine, è davvero l’unica cosa che conta.

Parole chiave: Trieste