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Musei "low cost": ma, alla fine, chi ne paga il prezzo?

 |  Emme Zeta  |  Commento del giorno

Nelle “stupende e progressive sorti” che attendono – Borgomastro docet – il turismo a Trieste, un ruolo importante, forse minore rispetto al potenziale, lo giocano sicuramente i contenitori museali cittadini. Questo è un dato di fatto, come è un dato di fatto che, fatta eccezione per il Castello di Miramare (con annesso parco e Museo) la cui gestione è tuttora statale, la gran parte dei musei triestini ricadono sotto la diretta competenza e gestione del Comune di Trieste. Detto questo e rimarcato ancora una volta che, proprio alla luce della rilevanza anche in chiave turistica dell’articolato complesso museale cittadino, appare del tutto incomprensibile la decisione di sopprimere il Direttore dei civici musei (caso scoppiato la scorsa estate e rimasto tuttora irrisolto!),  riteniamo di dover appuntare la nostra attenzione sulle modalità operative con le quali l’esecutivo si approccia a questa delicatissima materia.

Anche qui ci piace far parlare i fatti e, laddove esistano, i numeri, al di là di ogni polemica politico-sindacale. Con un appalto aggiudicato nell’aprile del 2021 il Comune di Trieste ha affidato alla Euro&Promos (società di riferimento dell’attuale assessore regionale alle attività produttive Bini) il servizio quadriennale di gestione dei musei cittadini relativamente alla sorveglianza, alla biglietteria , al bookshop e alla assistenza al pubblico. L’importo complessivo  dell’appalto è pari a 3,2 milioni di euro  e la società ha organizzato il servizio con una forza-lavoro di 61 dipendenti.

Tutto bene, dunque? Per il Comune di Trieste ed, in particolare, per l’assessore alla Cultura Rossi, sicuramente sì. Per i dipendenti certamente no. Anche in questo caso lasciamo parlare i numeri. Secondo quanto riportato  pubblicamente nel corso di una recente conferenza stampa organizzata dal sindacato Confsal, l’importo orario pagato da Euro&Promos ai 61 addetti si traduce in euro 5,49 lordi, che al mese significa uno stipendio mensile lordo di 950 euro e 650 netti !!   

Se questi sono i numeri (e da quanto abbiamo capito nessuno li ha smentiti), non abbiamo difficoltà ad ammettere che, per il tipo di prestazioni richieste e che presuppongono quantomeno un diploma di scuola superiore, siamo ad un livello salariale “vergognoso” e di fronte al quale non sussistono né scuse né motivazioni valide da parte di chiunque abbia consentito e formalizzato un tale, indecoroso, trattamento economico.

Sempre cercando di rimanere sufficientemente lucidi e chiari, vediamo quali sono le posizioni espresse dalle due parti in campo, ovvero la stazione appaltante Comune di Trieste per il tramite dell’assessore alla Cultura Rossi e la società Euro&Promos.  Partiamo da quest’ultima. Dal suo punto di vista la posizione è estremamente chiara “la società sta applicando quanto previsto dal capitolato speciale d’appalto, rispettando nel contempo le norme giuslavoristiche”, ma, contestualmente, si dichiara “disponibile al dialogo al fine di trovare una soluzione che soddisfi i diversi interessi delle parti coinvolte”.  Di diverso tenore le dichiarazioni dell’assessore Rossi il quale, nel motivare la sostanziale impossibilità di un intervento correttivo a contratto vigente, così si esprime “nel 2024, in sede di rinnovo del contratto, sempreché nel frattempo non intervenga un giudice stabilendo l’applicazione di un contratto diverso, e sempreché non si trovi un compromesso per migliorare le condizioni economiche di questi addetti, il Comune ..ci penserà tre volte prima di rinnovarlo, questo contratto”.  Dunque, nessun impegno per il presente, pur lasciandosi scappare una parola di preoccupazione per i lavoratori “che operano in condizioni di difficoltà economiche e, quindi, in assenza di serenità” , ma solo volontà di rivedere le clausole contrattuali in sede di rinnovo (e ci mancherebbe !!)   

E i sindacati dei lavoratori cosa pensano ?   Molta prudenza da parte della triplice sindacale Cgil-Cisl-Uil che pur richiamando l’inserimento di questa, triste, vicenda nel c.d. protocollo appalti finalizzato all’inserimento in tutti i futuri appalti che saranno gestiti dal Comune di una corposa serie di clausole di garanzia, si dice, nelle parole di De Luca (Filcams Cgil), scarsamente fiducioso nella possibilità di cambiare in corso d’opera le condizioni contrattuali “a meno che non intervenga un giudice”, nel mentre si sta già lavorando con una contrattazione in anticipo con il Comune “per evitare che a scadenza si ripresenti il problema”. Dichiarazioni, in buona sostanza, sovrapponibili a quelle dell’assessore Rossi. Di tutt’altro tenore la forte presa di posizione del sindacato Confsal che, dopo aver avanzato la richiesta di rivedere l’appalto riconoscendo agli addetti, con un accordo territoriale, un super-minimo di 7,25 euro lordi all’ora ed aver ricevuto la risposta negativa da parte del Comune, ha proclamato sette giorni di sciopero ed un presidio sindacale il 21 gennaio in Piazza Unità.   Il tutto pur nella consapevolezza che si tratta di una situazione estremamente difficile, in cui i lavoratori costituiscono l’anello debole di una catena piuttosto lunga e soggetta a possibili pressioni da parte del datore di lavoro. Se questo è il fronte sindacale, cosa ne pensa la politica locale? Il fronte delle opposizioni di centro-sinistra è compatto nel richiedere la revisione di simili, “vergognose”, condizioni contrattuali, chiedendo di discuterne con urgenza sia nelle competenti commissioni consiliari (con audizione dei sindacati), sia in una seduta ad hoc del Consiglio comunale.   Più sfumata la posizione della maggioranza, con il capogruppo della Lega che, pur concordando che uno stipendio da 5,49 euro orari non è degno per nessun lavoratore, rimanda  la palla nel campo sindacale, sostenendo che “la situazione deriva da contratti nazionali ..sottoscritti anche da alcune sigle sindacali ..” auspicando che “il prima possibile si fissi il salario minimo a livello nazionale e che non ci siano contratti sotto quel tetto”.

In definitiva,  se sulle mosse future tutti sono d’accordo ( dall’assessore ai sindacati, passando per le forze di maggioranza e per quelle di opposizione), il problema è “hic et nunc”, ovvero come aiutare adesso questi poveri (in senso reale, non figurato) lavoratori che molto spesso non riescono ad arrivare a fine mese e sono costretti a chiedere aiuto  a parenti ed amici.  Ecco il problema è proprio questo!   A costo di sembrare cinici e viste le posizioni espresse dagli attori in campo, ci sentiremmo di dare un unico suggerimento: con l’appoggio fondamentale dei sindacati, la via maestra (se non è stata già esperita, ma questo non lo sappiamo) è quella di presentare un ricorso urgente al giudice del lavoro chiedendo un equo adeguamento retributivo per le prestazioni fornite. Se una risorsa non manca nel nostro Paese è quella di avere bravi legali: dunque forza e coraggio! Ci si metta nella mani di un bravo giuslavorista e si chieda ed ottenga un rapido pronunciamento giudiziale. Crediamo che in una situazione come questa non sia più il tempo dei cortei in piazza e delle bandiere al vento, ma piuttosto della decisa e convinta rivendicazione legale dei propri diritti. Toccando le corde e gli argomenti giusti, non dovrebbe essere impossibile vincere una simile, sacrosanta causa!