Pillole di stagione, Zinnanti: "Suez la porta di Trieste e il 1954 di Cristicchi"
| Redazione sport | Commento del giorno
Mauro Zinnanti
SUEZ: LA PORTA DI TRIESTE
E' stato uno dei primi spettacoli ricompresi nel "calderone" della Barcolana, ma di sicuro il primo per originalità della storia e dell'impianto scenico. Sto parlando di "Suez: la porta di Trieste", andato in scena, in rappresentazione unica, lo scorso trenta settembre al Teatro Stabile Sloveno di via Petronio. Lo script è di Sara Alzetta, attrice e drammaturga triestina, che rientrata in città una decina di anni fa' si è, letteralmente, ammalata di storia, tanto da voler approfondire, con una vena di surrealismo fantastico e di spiritosa ironia, uno degli episodi fondanti della storia recente di Trieste, ovvero l'apertura del Canale di Suez. Sul palco due personaggi, immersi in una realtà fatata (l'Ade, ovvero il Regno dei defunti) che si accapigliano tra loro parlando del Canale, dell'Egitto e dell'alta finanza. Il primo è interpretato dalla stessa Sara Alzetta che si ritrova a suo agio nelle vesti paludate della regina Cleopatra, ultima sovrana d'Egitto, che cerca di capire l'interlocutore e di spiegare, a sua volta, il suo punto di vista su commerci e potenze dell'epoca romana. L'altro è Paolo Rumiz (il noto giornalista e scrittore triestino che non ha certo bisogno di presentazioni) che riesce con la sua convinta narrazione a dare anima e corpo alle visioni folli del barone Pasquale Revoltella. Grazie al video mapping e agli interventi multimediali curati dagli allievi della Scuola di Nuove Tecnologie del Conservatorio Tartini, gli spettatori vengono proiettati in un mondo incantato che si fa ora landa desolata, ora mare in tempesta. I due parlano, raccontano i rispettivi sogni/incubi ma fanno fatica a capirsi. Si intendono sull'Egitto che all'epoca di Cleopatra stava per soggiacere al dominio romano e che con Revoltella finirà per essere vittima di pesanti speculazioni finanziarie indispensabili, dirà il barone, per portare a compimento il suo grande sogno: quel Canale di Suez che aprirà, finalmente, il Mar Mediterraneo e lo metterà in connessione con gli oceani Indiano e Pacifico. All'improvviso si appalesa una strana visione, quella di una grande sovrana asburgica, Maria Teresa d'Austria (splendidamente interpretata da Ariella Reggio) che racconta dei suoi 16 figli, di una città di cui non ricorda il nome (Trieste) e dell'amore per suo marito. Maria Teresa svanisce, restano i due naufraghi e i loro discorsi. Revoltella sembra risvegliarsi un attimo dal sonno eterno, ma è solo un'illusione: realtà e finzione continuano la loro eterna lotta. Resta la grande proiezione internazionale che il Canale di Suez ha regalato al porto di Trieste, sia pure messa in pericolo dai periodici venti guerra che spirano dal Medio Oriente e resta negli occhi e nelle menti degli spettatori il ricordo di un'opera brillante, fascinosa e ottimamente recitata che getta una luce singolare e senza troppi peli sulla lingua su una vicenda e sulle visioni di un uomo, il barone Pasquale Revoltella, che tanto ha fatto per costruire il futuro della sua città. Quello spirito visionario alberga ancora oggi in chi si occupa di mare e di sviluppo dei traffici marittimi e tra questi un validissimo rappresentante è certamente Enrico Samer che, oltre alle tante iniziative realizzate a favore dei giovani triestini, ha creduto anche in quest'opera rendendo possibile la sua messa in scena. Ci ha visto giusto, come spesso gli accade!
TRIESTE 1954: L'ATTO D'AMORE DI CRISTICCHI PER LA NOSTRA CITTA'
Ancora teatro. Questa volta la prima della stagione teatrale 2025-'26 al Politeama Rossetti. Signore eleganti ma non vistose, uomini più sportivi e rappresentanti delle istituzioni cittadine presenti nelle prime file della platea. Alle signore, come d'uso in queste occasioni, in omaggio una rosa bianca. Sul palcoscenico, ecco apparire con precisione asburgica Simone Cristicchi (cantautore ed attore romano) alla ripresa dell'opera che l'anno scorso aveva celebrato i settanta anni del ritorno di Trieste all'Italia: Trieste 1954. Quest'anno una ripresa in più giornate con la finalità, dichiarata, di portare al Rossetti quota-parte del numeroso pubblico che riempie Trieste in occasione della Barcolana, alla riscoperta della storia recente e complessa della nostra città. La sceneggiatura è dello stesso Cristicchi, insieme a Simona Orlando, mentre alla regia si cimenta Paolo Valerio, direttore dello Stabile triestino, coadiuvato sempre da Cristicchi. A rendere magica la ricostruzione storica degli eventi è la presenza di orchestra e coro del Teatro Verdi, diretti dal Maestro Valter Sivilotti, con la voce solista di Franca Drioli. Sullo schermo proiezioni d'epoca offerte dalla Rai regionale e da Il Piccolo.
La storia per noi triestini è abbastanza nota. Si parte dagli esiti, nefasti, della seconda guerra mondiale quando, nel giro di pochi anni, Trieste passa dal giogo nazista a quello titino (che all'epoca vinse la corsa per liberare Trieste, arrivando prima delle truppe alleate). I 45 giorni di dominio jugoslavo, poi la sofferta retromarcia delle truppe di Tito e la creazione della Zona A (sotto il controllo angloamericano) e B (controllata dalla Jugoslavia). Le foibe, l'esodo e tutti i terribili fatti che hanno caratterizzato la storia recente di queste terre. L'ottica con la quale vengono narrati è quella dell'archivista romano Persichetti spedito dal ministero al Magazzino 18 (interpretato dallo stesso Cristicchi) che si immagina di far capire questa storia e la natura dei triestini a sua moglie. Ecco allora apparire alcune immagini iconiche (accompagnate sullo schermo da alcune immagini d'epoca e sul palco da preziose melodie). Trieste città "a doppio passo": veloce e pratica, eppure a lungo immobilizzata. Trieste "a doppio binario": liberata prima dai nazifascisti, poi dai titini ed infine dagli angloamericani. Mentre l'Italia celebra la sua liberazione nel 1945, a Trieste la guerra finisce definitivamente solo il 26 ottobre 1954, col ritorno di Trieste all'Italia. Ma proprio questa sua storia - spiega Cristicchi col suo sguardo disincantato - ha reso i triestini quelli che sono ora:" hanno imparato a vivere così, in questo equilibrio precario, fra un colpo di vento e l'altro, restando in piedi in mezzo alla bufera degli eventi, affrontando con coraggio i cambiamenti, le raffiche improvvise della Storia".
Non sono uno storico, ma in molte delle sue parole mi ci ritrovo completamente come quando afferma, anche alla luce di quel percorso di riconciliazione che, grazie al comune destino europeo, si è ormai compiuto con i vicini paesi di Slovenia e Croazia, che Trieste è ora città di confine (che costituisce la linea di contatto e di connessione tra due realtà diverse) e non frontiera (che separa due mondi tra di loro incompatibili). O ancora quando sostiene che Trieste non è bellissima perché è italiana, ma è bellissima e italiana. Sfumature di sostanza che forse avranno fatto storcere il naso ad alcuni dei nostri "nazionalisti" più sfegatati, ma che a mio avviso colgono alla perfezione lo spirito più genuino della nostra città. Dette da lui queste cose, ovvero da un romano che è arrivato da queste parti una decina di anni fa' per vicende familiari che l'hanno catapultato al Magazzino 18 (deposito delle povere cose degli esuli dall'Istria e dalla Dalmazia), dimostrano una sensibilità ed una attenzione verso Trieste e i triestini davvero non comuni. Il finale poi con i suoi tre maggiori successi cantati in sequenza (di cui due ambientati a Trieste), ovvero Magazzino 18, Ti regalerò una rosa e Quando sarai piccola è da strappalacrime e testimonia, ancora una volta, il profondo e sincero affetto di Cristicchi verso la nostra città: c'è di che essere orgogliosi e di che ringraziarlo con grande, grandissima riconoscenza!
Mauro Zinnanti
Parole chiave: Primo piano, Trieste
