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Vola colomba, Zinnanti: "Mostra senza traduzione, turisti penalizzati"

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno
NASCE LETTERATURA TRIESTE, RIAPRE LA LIBRERIA ANTIQUARIA UMBERTO SABA E FERVONO LE MOSTRE SUL 70° DEL RITORNO DI TRIESTE ALL'ITALIA: CRESCE, FINALMENTE, IL TURISMO CULTURALE IN CITTA'
 
C'è voluta una strana e fortunata coincidenza tra l'inaugurazione di LeTs (ovvero Letteratura Trieste), la riapertura della libreria antiquaria Umberto Saba e la serie di mostre celebrative del 70° del ritorno di Trieste all'Italia per far capire anche ai più dubbiosi che nel "brillante" futuro turistico della città uno spazio, non irrilevante, potrebbe essere utilmente dedicato al turismo culturale, quello che, incuriosito, cerca di scoprire l'anima spirituale della città, piuttosto che accontentarsi di una veloce toccata e fuga con foto di prammatica nei "soliti" luoghi identitari della triestinità.
Per dirla in una parola, c'è chi, se trova un'offerta adeguata, preferisce un viaggio nella storia letteraria e politica della città piuttosto che darsi ad una corsa a tappe tra spritz  e stuzzichini, con tutto il rispetto per chi in questo settore opera e pare attrarre una clientela sempre più variegata ed internazionale, con conseguenti e rilevanti prospettive di guadagno.
Iniziamo, dunque, questo breve viaggio nelle più recenti offerte culturali giuliane.
 
LETTERATURA TRIESTE: UNA SCOMMESSA VINTA
 
LeTs (ovvero Letteratura Trieste, nell'acronimo brillantemente ideato da  Christian Sinicco e Roberto Cescon (protagonisti, loro malgrado, di un disguido con gli organizzatori della cerimonia d'apertura!) è stato inaugurato lo scorso settembre al piano terra di Palazzo Biserini, in piazza Hortis, e rappresenta davvero un completo compendio di tutti gli scrittori del passato e del presente che hanno contribuito e contribuiscono a fare di Trieste un'autentica "città di carta".  Incuriositi da una siffatta presentazione, anche noi, qualche giorno fa', abbiamo voluto immergerci in questa "Trieste di carta", apparecchiata da due curatori quali Riccardo Cepach (tra l'altro, direttore del Museo) e Laura Pelaschiar (curatrice scientifica del Museo Joyce) ed aperta al pubblico dopo parecchi mesi di attesa, com'è consuetudine a Trieste quando ci si avventuri in una qualunque opera pubblica caratterizzata da una certa complessità.
L'approccio è davvero accattivante. Seguendo il percorso consigliato, la prima tappa nei 500 metri quadrati di Museo ci porta ad una edicola d'antan, da dove sbuca l'immagine di James Joyce, il notissimo scrittore irlandese, vissuto per un decennio a Trieste e che qui trovò fonte di ispirazione, tra l'altro, per il suo libro più celebre, ovvero l'Ulisse. Nell'allestimento curato dall'architetto Lorenzo Greppi si intuisce subito la volontà di rendere LeTs un museo vivo, interattivo, multimediale con un ricco corredo di materiale della più svariata provenienza: foto, filmati, prime pagine di giornali,  manoscritti originali, lettere private.  C'è davvero un po' di tutto ed il visitatore viene quasi guidato a provare la stessa esperienza di vita dei letterati che hanno reso famosa Trieste. Un esempio? Passando alle sezioni dedicate a Saba e Svevo è possibile, oltre a godere della vista di celebri foto d'epoca, sfogliare, con uno strumento multimediale, il Canzoniere di Saba e ascoltare la voce del poeta, oppure stendersi su un lettino da psicanalista e sentire alle spalle il dottor S. della Coscienza di Zeno di Italo Svevo (ovvero Hector Schmitz).  Superate le tappe dedicate ai tre giganti della letteratura triestina, eccoci catapultati al cinema nel "Cinematografo delle Storie", dove Cepach, grazie al supporto della Casa del Cinema, ha condensato tre percorsi tematici "Trieste Letteraria", "Trieste e la storia" e "Trieste e una donna": le immagini proposte riportano spezzoni di film girati in città o ispirati alle pagine degli autori triestini quali, ad esempio,"Senilità", "Và dove ti porta il cuore" o altre celebri pellicole come "La ragazza di Trieste" o "Lo stadio di Wimbledon". Qui si compie un'ulteriore magia accoppiando alla "Trieste città di carta", la "Trieste città di celluloide": ambientazione perfetta di tante storie e di tanti registi che sono rimasti affascinati dai nostri paesaggi e dalle nostre luci!   Il tempo è marrano ed il museo sta per chiudere. Riusciamo solo a dare una rapida occhiata al salone centrale in cui sono raggruppate testimonianze e libri di tutti gli altri poeti e scrittori che hanno reso e rendono Trieste una città davvero letteraria: da Slataper a Covacich, da Stuparich a Pahor, da Mattioni a Roveredo, dalla Pittoni alla Tamaro e l'elenco è ancora lungo. Che dire?  A nostro modesto avviso, si tratta di una operazione culturale perfettamente riuscita e che con una spesa piuttosto contenuta (in tutto mezzo milione di euro, supportato da un contributo regionale) fa fare un deciso salto di qualità all'offerta culturale cittadina. Da notare che l'ingresso è gratuito e che l'orario è piuttosto ampio: 10-17 ogni giorno, tranne il martedì (giorno di chiusura) e la domenica 10-13.  Noi ci torneremo di sicuro, anche se la nostra precisa sensazione è che un museo del genere molto presto potrebbe avere bisogno di ulteriori spazi, perché il binomio Trieste-letteratura continua a dare nel tempo preziosi frutti che sarebbe davvero triste non poter esporre ai cultori della materia.
 
LIBRERIA SABA: L'ANTRO DEL POETA RESTITUITO ALLA CITTA'
 
Anche Saba può  gioire da lassù: il suo prezioso rifugio, dopo più di un anno dalla sua chiusura (a causa della salute precaria del suo storico gestore Mario Cerne, nel frattempo deceduto) e alcuni mesi di un prezioso lavoro di restauro, è tornato al suo antico ed intatto splendore. Ora le chiavi sono state restituite ad Ada Cerne, figlia di Mario, che ha manifestato l'intenzione di riaprire al pubblico la libreria entro fine anno, affidandone la gestione a persona di fiducia (circola il nome di Massimo Battista, titolare della libreria antica e moderna Zeno Bandini). Chi ha compiuto il miracolo? La Comunità ebraica triestina, proprietaria dell'immobile che, anche grazie ad una raccolta fondi, ha messo insieme i 140 mila euro che sono stati necessari per la delicata operazione.  In base all'accurato studio dell'architetto Aulo Guagnini si è proceduto alla risistemazione del pavimento a parquet, con la posa di cemento anti-infiltrazioni, e a rattoppare la carta da parati. L'arredo è rimasto quello originale: il bancone all'ingresso, la scrivania di Umberto Saba e le due "torri" centrali della libreria, che hanno riaccolto i 28 mila volumi, numerati a uno a uno e rimessi al loro posto. Dietro la finestra, che ha mantenuto il sistema di apertura a carrucola, si può quasi immaginare poeta e libraio impegnati in dotte disquisizioni, incuranti del tempo che scorre. Miracolo di un restauro davvero riuscito e del clima del tutto peculiare che si respira in questa libreria. Un clima che, a suo tempo, affascinò lo stesso Saba che dopo una iniziale impressione negativa successiva all'acquisto nel 1919  "se il mio destino fosse di passar là dentro la mia vita, quale tristezza", ebbe modo di ricredersi rapito "dall'incanto di quei vecchi libri, che emanavano un senso di pace". Ora non ci resta che attendere l'effettiva riapertura al pubblico della libreria antiquaria più famosa di Trieste per godere anche noi di quel "senso di pace" che incantò il poeta.
 
VOLA COLOMBA: LUNARIO TRIESTINO 1953-'54
 
Tra le numerose mostre che, grazie a generosi finanziamenti regionali, hanno concorso a celebrare il 70° anniversario del ritorno di Trieste all'Italia, ne abbiamo scelto una dal titolo particolarmente accattivante: Vola colomba - Lunario triestino 1953 - '54, ospitata nella Sala Selva di Palazzo Gopcevich. La scelta, come immaginavamo, si è rivelata azzeccata non solo per la ricca mostra di circa trecento fotografie tratte dalla Fototeca comunale ma anche per l'esposizione di alcuni oggetti iconici degli anni cinquanta: una Fiat Topolino, la Lambretta, la radio Geloso, il disco originale di Vola Colomba, giocattoli, macchine fotografiche, documenti  e riviste d'epoca.  Insomma un potpourri d'antan che ricrea alla perfezione il clima vissuto a Trieste in quell'anno horribilis trascorso tra novembre 1953 (con i morti nei moti irredentisti di Piazza Sant'Antonio) e l'arrivo dell'esercito italiano in  Piazza Unità d'Italia il 26 ottobre del 1954 tra una folla traboccante ed entusiasta. Particolarmente interessanti alcune foto dell'epoca dei vari Borsatti, de Rota, Amstici, Anzalone e dell'Agenzia Giornalfoto che ritraggono spezzoni di vita quotidiana tra una partita di calcio della gloriosa Triestina ed una prima al teatro; tra un ballo di beneficenza organizzato per socializzare con le truppe alleate e le proteste di piazza per il lavoro e le case che mancavano a causa del costante afflusso di esuli dall'Istria oramai perduta. Di tutto un po', oltre ad immagini iconiche come quella della ragazza che sventola il tricolore in Piazza dell'Unità o quella del bacio in stazione ferroviaria tra una mula triestina ed un soldato americano in partenza. E' la nostra storia, nel bene e nel male e la rappresentazione che ne è stata data pare completa, anche negli episodi più tristi come la demarcazione della linea di confine che "regalò" alla Jugoslavia alcuni sobborghi muggesani e destinò all'Italia alcuni borghi dell'altipiano che avrebbero gradito traslocare in Jugoslavia. Ora che i confini quasi non esistono più, grazie alla comune appartenenza europea, è giusto e doveroso ricordare sempre, nella prospettiva di realizzare insieme un futuro di pace e prosperità. Un unico appunto ci sentiamo di fare: la mostra a Palazzo Gopcevich non aveva nessuna traduzione, nemmeno in inglese. Di un tanto ne siamo stati diretti testimoni avendo dovuto sopperire, con il nostro inglese non certamente oxfordiano, alle richieste di chiarimento di un incuriosito turista cinese che aveva vissuto trent'anni in Australia ed aveva sentito parlare della storia della nostra città. Un'occasione persa, da parte di chi ha curato l'allestimento, perché conoscere la nostra storia interessa noi triestini ma anche e soprattutto quanti vengono a visitarci e vorrebbero essere aiutati a capire la nostra variegata anima. Peccato!
 
Mauro Zinnanti